In un mondo che corre verso il digitale e l’effimero, c’è stato un uomo che ha deciso di fermare il tempo. Non con una fotografia, ma con migliaia. O meglio, con migliaia di macchine fotografiche.

Il suo nome era Dilish Parekh, e non era un semplice collezionista. Era ed è ancora oggi una leggenda. Un simbolo vivente di ciò che significa amare profondamente il mezzo con cui raccontiamo il mondo. Con oltre 4.500 fotocamere analogiche, custodite con cura nella sua casa di Mumbai, ha detenuto il record mondiale per la più grande collezione di macchine fotografiche mai esistita.

Tutto iniziò negli anni ’70. Non fu un’ossessione improvvisa, ma un’eredità: suo padre, anche lui appassionato di fotografia, gli trasmise le prime macchine e, con esse, una scintilla che non si spense mai. Parekh, fotoreporter professionista per il Mumbai Mirror, trascorse tutta la vita tra due mondi: quello della cronaca, con la sua Leica al collo, e quello della collezione, con migliaia di pezzi unici custoditi come reliquie.

Non si trattava solo di possedere oggetti. Ogni fotocamera raccontava una storia. C’erano modelli del XIX secolo, fotocamere spia usate in guerra, Leica storiche, Kodak d’epoca, pezzi da museo che lui preferiva chiamare “memorie meccaniche”.

Ma cosa rendeva Dilish Parekh così straordinario rispetto agli altri collezionisti del mondo?

• Il numero: 4.525 fotocamere registrate, distribuite in ogni stanza della sua casa. Ne arrivavano da tutto il mondo.
• La cura: tutte in perfetto stato di conservazione, pulite, catalogate e persino restaurate quando necessario.
• La filosofia: per lui, ogni macchina era un’anima. Non comprava per speculare, ma per custodire.

La sua casa era diventata un museo vivente, ma non ha mai voluto trasformarla in attrazione turistica. Diceva che ogni macchina doveva restare “a portata di emozione, non dietro un vetro”.

Poco prima della sua scomparsa, avvenuta nel 2023 all’età di 69 anni, è stato pubblicato un corto documentario sulla sua vita e sulla sua collezione. Un omaggio poetico, intimo e commovente alla generazione di analog lovers, quelli che ancora oggi sentono il clic come un battito del cuore.

Ma ciò che resta davvero è la sua eredità culturale: un messaggio per tutti i fotografi, creativi, appassionati e nostalgici.

Oggi, nel bel mezzo della riscoperta della fotografia analogica, la storia di Dilish Parekh torna prepotente a ricordarci perché dovremmo fotografare.

Non per ottenere like, non per vendere. Ma per custodire un’emozione, documentare un istante, dare valore al tempo.

Chiunque abbia mai scattato una foto con passione può sentirsi parte di questa eredità. E chi ha ancora una vecchia analogica in casa, magari impolverata, la guarderà da oggi con occhi diversi.