Indice dei contenuti
- Intervista a Giuseppe Piserchia: le origini di uno storyteller
- L’amore per il cinema e la musica
- Giuseppe Piserchia, videographer.
- Il successo inaspettato
- Le origini dell’amore per la wedding videography
- Il compito di uno storyteller
- Matrimoni internazionali e il progetto più bello
- Un frame di un video di uno dei matrimoni internazionali realizzati da Giuseppe Piserchia
- Il perché del passaggio da Sony a Panasonic!
- L’attrezzatura per il wedding
- DJI Mic, i microfoni ad oggi più utilizzati da Giuseppe Piserchia.
- Post-produzione e montaggio
- Ieri, oggi e domani. Traguardi raggiunti ed obiettivi futuri.
- Sfide tecniche e personali
- Un frame di un video di uno dei matrimoni internazionali realizzati da Giuseppe Piserchia
- Il futuro e l’evoluzione del wedding
- Conclusioni
Intervista a Giuseppe Piserchia: le origini di uno storyteller
Giuseppe Piserchia è nato a Napoli nel 1993. Ha vissuto un’infanzia movimentata, facendo la spola tra Napoli e Berlino. In questo “vagare” costante vi erano però due punti fermi: la musica ed il cinema. Giuseppe scopre così una passione infinita per il videomaking e inizia a studiare. Comincia da autodidatta e segue poi corsi di specializzazione e workshops.
Giuseppe Piserchia è oggi specializzato nella wedding videography e a soli 30 anni è vincitore di numerosi awards. Lo intervistiamo oggi per Foto Ema Magazine, felici di poter discutere di videografia con lui.
L’amore per il cinema e la musica
– Ciao Giuseppe, benvenuto su Foto Ema Magazine. Diamo vita oggi alla nostra nuova rubrica. Innanzitutto, come stai? È un piacere inaugurare questo spazio intervistandoti…speriamo sia lo stesso anche per te!!
– Ciao Sabrina e ciao a tutti gli amici di Foto Ema! Sto bene, grazie. È un grandissimo piacere essere qui, in un ambiente che mi è familiare e dove mi sento “a casa”. Parto facendovi i complimenti per quest’iniziativa. Sono felicissimo di poter prendere parte al progetto e di potervi parlare di me e della mia esperienza.
– Il piacere è tutto nostro, quindi grazie a te per averci dedicato del tempo. Ma adesso partiamo e partiamo facendo un passo indietro. Sei nato a Napoli, poi hai vissuto ben 10 anni a Berlino. Oggi sei un videographer affermato che gira il mondo per raccontare uno tra i giorni più importanti della vita di una coppia. Quanto hanno inciso le tue origini e le tue esperienze di vita nel tuo modo di fare storytelling?
– Parto raccontandoti un po’ di me e lo faccio perché credo che il modo di essere e di esprimersi di una persona si formi e si sviluppi nel corso del tempo grazie alle esperienze di vita. Io ho vissuto tra Berlino e Napoli per 10 anni: passavamo 6 mesi in Germania e 6 mesi in Italia per il lavoro di mio padre: un’infanzia quindi non convenzionale che mi ha formato moltissimo.
Inoltre, mio padre è un compositore musicale, mia madre è pianista: è per questo che mi sono appassionato alla musica. Il mio background deriva dalle note e questo ha inciso tantissimo su chi sono adesso, su come ragiono, su come scandisco il mio tempo.
La passione per il cinema, invece, l’ho ereditata prettamente da mio padre. Ricordo quando da piccolo mi portava a vedere film di David Lynch e cinema sperimentale in alcuni scantinati di Berlino. Con il senno di poi ho capito che tutto quel che sono lo devo a quegli anni e a quel tipo di esperienze e di insegnamenti che mi sono stati dati. Il mio modo di vedere le cose e di raccontarlo, il mio modo di fare storytelling originano totalmente da lì.

Giuseppe Piserchia, videographer.
Il successo inaspettato
– A proposito di musica, sul tuo sito (www.giuseppepiserchiafilms.it) leggiamo: “Sono un musicista ed ho imparato ad unire la musica con le immagini realizzando così video pieni d’emozione”. Quanto hanno effettivamente inciso il tuo amore per la musica nel tuo lavoro?
– Mi ritengo un musicista prima, un videografo poi. Come ti dicevo, mio padre è un compositore, mia madre una pianista. Sono nato dalla musica e cresciuto nella musica, me ne sono nutrito per osmosi. Ho iniziato suonando la chitarra, poi ho studiato basso, batteria, piano e infine sono ritornato alla chitarra, forse perché il primo amore non si scorda mai. Per rispondere alla tua domanda, l’amore per la musica ha inciso tantissimo sul mio stile di videografia. Sono due cose che non riesco a scindere in toto. Per me non esiste un certo video senza quella musica e quella data musica mi pare esser nata per quel video. C’è chi vive di pane, io ho vissuto da sempre di cinema e musica. Ed è per questo che oggi sono quello che sono.
– Hai anticipato la mia prossima domanda. Ad oggi sei vincitore di tantissimi premi, sei stato pubblicato su Vogue ed Elle. Quando hai iniziato ti aspettavi tutto questo?
– Quando ho iniziato sapevo quanto mi piaceva fare quel che faccio, ma non mi aspettavo assolutamente tutto ciò. È stato tutto inaspettato ma molto naturale.
Le origini dell’amore per la wedding videography
– Anche se ci hai già anticipato qualcosa, puoi raccontarci com’è iniziata la tua storia d’amore con il mondo video?
– Il mio amore per la telecamera è iniziato quando ero solo un bambino e devo ringraziare mio padre e la sua infinita passione per il cinema per questa meravigliosa eredità. Come sai, mi occupo di matrimoniale. Credo di aver capito però solo al mio primo workshop quand’è che è nato il mio amore per il matrimonio. Quando ti trovi dinanzi a persone e inizi a raccontare te stesso prima ancora di passare a raccontare del tuo lavoro, ti analizzi, forse anche inconsciamente. È proprio in quel momento che ho capito da dove deriva la mia passione per il wedding.
Ho compreso che l’amore per i video wedding è nato da un’esigenza: quella di vedere i miei genitori uniti. Non avendoli vissuti tanto insieme perché ci spostavamo tra Berlino e Napoli, ho inconsciamente sviluppato la necessità di riprendere e raccontare l’amore.
Prima del workshop di cui ti parlavo ho rivisto filmati realizzati da piccolo, negli anni in cui ci alternavamo tra l’Italia e la Germania. Mio padre mi diede una JVC e mi disse “Giuseppe, filma Berlino vista con i tuoi occhi”. Posso dirti che riguardando quei filmini ho visto sì scene di una Berlino vista con gli occhi di un bambino ma soprattutto ho visto i miei genitori, innumerevoli volte. Mi sono reso conto di non aver ripreso altro che loro due, probabilmente per il bisogno di vederli insieme. Quel giorno ho quindi capito che è grazie a quella necessità che sono diventato un wedding videographer ed uno storyteller.
Il compito di uno storyteller
– Nasci quindi effettivamente come storyteller. Inizi con il raccontare Berlino e la tua storia, la tua infanzia, sviluppando così uno stile narrativo personale. Lo storytelling è “l’arte del narrare” ed i tuoi video vogliono raccontare il giorno più importante della vita di tante coppie. Qual è per te il compito più importante di uno storyteller, il fine ultimo della narrazione?
– Questa è una domanda interessante! Personalmente racconto il giorno del matrimonio dal mio punto di vista. Credo che il compito più importante di uno storyteller sia far sì che i ricordi prodotti diventino così importanti e preziosi per la coppia che gli sposi vogliano custodirli con immenso amore, come fossero un tesoro prezioso. Forse proprio perché ho vissuto poco i miei genitori insieme, per me le clip che ho di loro sono di vitale importanza. E’ questo quello che vorrei per le mie coppie: che amassero così tanto il video del loro giorno da custodirlo come un bene prezioso da tramandare ai loro figli.
– Sei praticamente l’ultimo tra i romantici.
– No no, nella vita sono tutt’altro che romantico. Ride (ndr). Sono molto emotivo ed empatico però. Ti dirò una cosa: sento il bisogno di toccare le persone. Per molti può sembrare strano, ma per me non lo è. È una necessità. Ultimamente sto iniziando a fare dei matrimoni “luxury”, un po’ più d’etichetta. In queste occasioni è un più difficile riuscire ad avere un contatto diretto con gli sposi. Spesso ci si trova a parlare più con le wedding planner che con la coppia. Nonostante ciò, non riesco a non esternare il mio modo di essere. Mi capita di avvicinarmi magari alla sposa durante la giornata e di accarezzarle il braccio per chiederle come stia andando. Ti posso assicurare che a volte vengo guardato in maniera strana, soprattutto se si tratta magari di persone di altra nazionalità, magari con una cultura diversa dalla nostra. Ma devo dire che l’imbarazzo è solo iniziale…per fortuna!
Matrimoni internazionali e il progetto più bello
-Lavorando con tante coppie internazionali il tuo è uno scambio culturale continuo. La tua è una scelta o è stata pura casualità?
– Non è stata una scelta, ma un caso. Sicuramente il mio background di vita mi ha facilitato in questo. Avendo vissuto per anni a Berlino che è una città multiculturale e multietnica, ho da sempre frequentato persone di nazionalità diverse. Per questo motivo, forse, il gap culturale è ridotto e alcune coppie magari mi sentono più vicine a loro. Devo dire che però questo è un aspetto che mi piace moltissimo del mio lavoro: avere a che fare con culture diverse è sempre stimolante e formativo.
– Sei giovane ma hai alle spalle un portfolio importante. Qual è stato il progetto per te più significativo o gratificante tra quelli realizzati finora e perché?
– Quel che dico sempre è che la cosa più bella che ho fatto, devo ancora farla. È difficile per un videografo dire qual è stato il progetto più bello. Ogni storia è diversa, ogni persona è diversa, ogni lavoro è differente e ti lascia qualcosa. È per questo che sono fermamente convinto di dover ancora fare la cosa più bella.

Un frame di un video di uno dei matrimoni internazionali realizzati da Giuseppe Piserchia
Il perché del passaggio da Sony a Panasonic!
– Passiamo ora ad una domanda un po’ più tecnica. Quali strumenti e attrezzature fotografiche ritieni essenziali per il tuo lavoro?
– Lo strumento davvero essenziale è lo studio. Senza testa e studio non si va da nessuna parte. Credo che studiare oggi sia fondamentale più di ieri. La tecnologia è andata avanti, ha fatto passi da gigante, si è fortemente evoluta. Oggi puoi fare un video di una buona qualità anche con un budget ridotto rispetto al passato. Per farlo però, devi studiare. O comunque, per fare la differenza, per diventare riconoscibile, devi studiare e sperimentare. A parte questo, ad ogni matrimonio porto con me un bel po’ di attrezzatura.
– Recentemente sei passato da Sony a Panasonic. Ti va di raccontarci i motivi che ci sono dietro questa scelta? È stato il tuo primo cambio o ce ne sono stati altri?
– Negli anni ho cambiato svariate volte brand e strumenti di lavoro. Sono partito dalle telecamere Sony, sono passato poi a Canon utilizzando reflex prima e la C100 poi. Nel 2015 sono tornato a Sony, innamorandomi della A7S. Infine, quest’anno ho abbracciato la filosofia Panasonic Lumix. Credo che ognuno scelga la propria attrezzatura in base allae proprie esigenze. Io, personalmente, non ho mai avuto la mano troppo ferma e Lumix in questo mi aiuta tantissimo.
Il mio modo di girare è quasi documentaristico. Non amo attrezzature ingombranti o gimbal, preferisco girare a mano libera. Capirai che avere una stabilizzazione super performante è quindi per me essenziale. Inoltre, i colori di Lumix sono incredibili. Li ho sempre apprezzati, ma adesso con il nuovo sistema è come avere una Leica tra le mani se parliamo di colorimetria. Infine, mi piace molto anche la possibilità di avere il fuoco continuo. A dirla tutta non lo utilizzo particolarmente durante i matrimoni, anzi. Ma averlo mi da comunque una sicurezza diversa. Ecco i motivi per i quali recentemente sono passato da Sony a Panasonic.
Avere una stabilizzazione super performante è quindi per me essenziale. Inoltre, i colori di Lumix sono incredibili. Li ho sempre apprezzati, ma adesso con il nuovo sistema è come avere una Leica tra le mani se parliamo di colorimetria.
Avere una stabilizzazione super performante è quindi per me essenziale. Inoltre, i colori di Lumix sono incredibili. Li ho sempre apprezzati, ma adesso con il nuovo sistema è come avere una Leica tra le mani se parliamo di colorimetria.
L’attrezzatura per il wedding
– Nello specifico, qual è l’attrezzatura che utilizzi durante i tuoi lavori?
– Utilizzo una Panasonic Lumix S5II e una Lumix S5II X, possiedo un parco ottiche che va dal 18mm all’85mm e porto poi due coppie di DJI Mic, i Tascam DRL10L, lo Zoom H5N, lo Zoom H1 ed i dittafoni: qui si vede la deformazione professionale da musicista e l’ossessione per l’audio (ride ndr).
Ho poi un Mavic 3 Classic e un DJI RS3 come gimbal che però quasi non utilizzo amando il lavoro a mano libera. Utilizzo, infine, un treppiede per registrare gli speeches.
Tra le ottiche, quella che utilizzo maggiormente è il 35mm. Amo raccontare più storie in una sola immagine. Se devo riprendere una sposa al trucco, ad esempio, riprenderò non solo la sposa, ma anche il cagnolino che le gira attorno. Ecco, con il 35mm riesco ad avere una visione un po’ più ampia. Affianco poi il 35mm non con l’85mm ma con il 50mm. Probabilmente la mia è una scelta un po’ strana, ma credo sia anche un po’ un mio segno distintivo.
Per quanto riguarda le camere, invece, ho scelto di avere una Lumix S5II e una Lumix S5II X perché la camera black è molto figa!! Scherzi a parte, la Lumix S5II X offre molti più codec e adoro poterli utilizzare tutti.
– Per quanto riguarda l’audio, invece, quali sono i tuoi prodotti di riferimento?
– Ultimamente utilizzo tantissimo i DJI Mic. Lo scorso anno ho utilizzato i Tascam DR10L e gli Instamic Pro. Quest’anno, come ti dicevo, sto lavorando tanto con i DJI Mic e vorrei poi provare il nuovo Tascam DR10L. Per quanto riguarda i registratori non diretti, al momento ho lo Zoom H5n con cui mi trovo benissimo. Amerei avere lo zoom F8, ma non è troppo pratico per potarlo ai matrimoni. Come drone ho il Mavic 3 Classic, ma non lo utilizzo tantissimo. Mi spiego meglio: quasi tutti gli sposi lo richiedono, ma non effettuo tantissime riprese perché credo debbano essere contestuali al resto del video.

DJI Mic, i microfoni ad oggi più utilizzati da Giuseppe Piserchia.
Post-produzione e montaggio
– Passiamo ora al post-matrimonio, a quello che i clienti non vedono. Come gestisci la post-produzione dei tuoi video? Quale software preferisci utilizzare e quali modifiche apporti di solito?
– Attualmente utilizzo Final Cut per il montaggio e Da Vinci per la color. Onestamente è un processo macchinoso e complesso; talvolta ci metto davvero tempo per finire un lavoro, mi chiedo da solo perché lo faccio (ride ndr) ma tutto sommato preferisco lavorare così perché trovo Final Cut estremamente veloce per il montaggio e Da Vinci ottimale per la color. In futuro però, potrei però optare per l’utilizzo esclusivo di Da Vinci, non lo escludo. Ah, quasi dimenticavo, lato audio lavoro invece con Logich.
– Insomma, non ti fai mancare proprio nulla!
Il tuo è un lavoro creativo. Ti è mai capitato di vivere il cosiddetto “blocco dello scrittore” (in questo caso del videographer ? Come affronti difficoltà di questo tipo? Hai dei “rituali” che ti aiutano a mantenere viva la creatività?
– Credo sia assolutamente normale affrontare dei blocchi creativi. Sfatiamo questo mito: nessuno è creativo h24, 7 su 7, 365 giorni su 365.
Tutto ciò che faccio quando mi trovo dinanzi ad un punto morto è staccare. Chiudo tutto e mi dedico ad altro. Torno a casa, guardo un film, leggo un libro, esco. Mi immergo in altro, lasciando totalmente da parte il progetto. In inverno, ad esempio, lavoro poche ore al giorno.
C’è chi impiega un giorno per montare un video, io generalmente ci metto una settimana perché quotidianamente dedico due, massimo tre ore al lavoro di montaggio, poi ho bisogno di staccare.
Quando inizio a sentirmi meno creativo, ascolto musica, riguardo la storyline del video e cerco di trovare ispirazione. Rivedo la struttura narrativa, analizzo il tutto e capisco se voglio inserire dei salti temporali, dei plot point. Poi, non appena mi rendo conto di star iniziando a fare le cose in automatico, quasi meccanicamente, chiudo. Voglio dare il massimo sempre e non snaturare il mio lavoro.
Ieri, oggi e domani. Traguardi raggiunti ed obiettivi futuri.
– Per il tuo stile lavorativo deduco quindi tu preferisca lavorare su eventi mirati in modo da poterti concentrare sul post-matrimonio dedicando il 100% della tua creatività ai progetti che scegli di seguire.
– Hai fatto centro. Mi reputo una persona molto lungimirante. Quando ho iniziato facendo destination wedding, avevo già in mente un percorso ben definito. Sapevo quanti matrimoni all’anno avrei voluto realizzare e che tipo di eventi mi sarebbe piaciuto seguire.
Sono così anche nel quotidiano. Non credo di essere una persona schematica, ma piuttosto lungimirante, come dicevamo prima. Devo sapere dove mi sto dirigendo, dove le mie scelte mi porteranno. Probabilmente questo mio bisogno deriva dalla mia infanzia. Avendo vissuto una situazione per così dire precaria, che mi ha portato a dividermi non solo tra Napoli e Berlino, ma a lassi di tempo in cui ho vissuto a Parigi, a Barcellona e in svariati altri luoghi, oggi necessito di avere una direzione precisa.
Le esperienze di Giuseppe bambino sono state formative e hanno gettato le fondamenta di quel che sono oggi, rendendomi la persona tenace che sono.
A 30 anni, ti dico che da qui ai prossimi 5 anni ho un desiderio e che continuerò ad impegnarmi affinché si realizzi: voglio girare 10 matrimoni all’anno. Sono partito facendone circa 80 e ad oggi ne realizzo 30. Di strada da fare ce n’è ancora, ma sono soddisfatto dei risultati raggiunti finora.
Sono dell’idea che per quanto si ami il proprio lavoro, sia fondamentale lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Da nerd quale sono, inoltre, cerco di ritagliarmi quanto più tempo libero possibile per dedicarmi a tanti interessi diversi.
Sfide tecniche e personali
– Siamo abituati a vedere video praticamente perfetti. Tuttavia immagino che le cose non filino sempre lisce come l’olio. Hai mai avuto esperienze in cui hai dovuto affrontare situazioni impreviste o difficoltà durante una ripresa?
-Da un punto di vista strettamente tecnico, l’anno scorso mi sono ritrovato dinanzi ad una situazione inusuale. Durante uno degli speech, mi si è spenta una camera. “Poco male”, ho pensato “Ne abbiamo comunque altre due che stanno riprendendo il momento”. E invece *rullo di tamburi*, la camera che era posizionata sul treppiedi, era cascata perché un invitato l’aveva inavvertitamente spinta. Le camere impegnate a riprendere il momento dovevano essere tre e invece ci siamo ritrovati con una sola camera in grado di registrare lo speech.
Altre volte, invece, mi è capitato che i microfoni all’improvviso non registrassero.
Insomma, ne possono succedere di tutti i colori! L’importante è avere con sé svariata attrezzatura e soprattutto armarsi di tanta pazienza e sangue freddo.
– Lavorare a stretto contatto con le persone è tra le cose più belle al mondo (ne sappiamo qualcosa!). Tuttavia, qualche imprevisto può capitare. Ti è mai successo di avere problemi durante un evento? Come hai gestito queste situazioni e quali insegnamenti ne hai tratto?
– Professionalmente, ti direi di no. Sono molto chiaro con i miei clienti su tutto quello che andrò a realizzare durante il matrimonio perché amo sentirmi tranquillo e al contempo dare tranquillità. Credo che dopo quindici pagine di contratto ed 83 clausole – scritte anche con un font piccolo ndr- le “mie coppie” (così come amo definirle) sappiano bene cosa e come girerò.
Passando al lato caratteriale ed umano, qualche difficoltà mi si è presentata proprio ultimamente. Tornando a quel che ti dicevo all’inizio, sono una persona molto empatica, amo condividere con gli sposi ed instaurare un certo tipo di rapporto.
Considera che in un anno faccio svariate chiamate Skype con le mie coppie per parlare anche del più o del meno. Mi è capitato spesse volte, ad esempio, di discutere di cinema. In questo modo riesco ad entrare in confidenza con gli sposi tanto da sentirmi un invitato con il compito di raccontare ciò che ha vissuto e per me diventa tutto estremamente naturale.
Tuttavia, non sempre è possibile. Talvolta, per differenze caratteriali o talvolta culturali, ci si può trovare dinanzi a situazioni inaspettate. Ad esempio, durante un matrimonio, non molto tempo fa, ho chiesto alla sposa se potessi fare delle riprese delle fedi. Lei mi ha dato l’ok, ma solo previa presenza dei suoi bodyguard. Ti lascio immaginare che per me che sono un tipo empatico ed emotivo, è stato parecchio strano. Tutto il giorno, inoltre, gli sposi sono stati sulle loro e solo a fine serata, quando sono andato a salutarli, lei mi ha fatto un cenno di approvazione.
Per il mio modo di lavorare questa “distanza” è l’ostacolo più grande. Raccontare ciò che i miei occhi hanno visto quel giorno mi risulta davvero complesso, perché in queste situazioni conosco poco della coppia e quasi poco anche del giorno stesso. Essere regista quando sei solo un lontano spettatore, è più complesso.

Un frame di un video di uno dei matrimoni internazionali realizzati da Giuseppe Piserchia
Il futuro e l’evoluzione del wedding
– Come immagini l’evoluzione del settore matrimonialista nel prossimo futuro? Ci sono nuove tendenze o tecnologie che ti entusiasmano o preoccupano particolarmente?
-Non sono mai stato un amante delle tendenze, delle mode. Generalmente utilizzo strumenti e tecniche che mi entusiasmano e mi aiutano a comunicare ciò che voglio, indipendentemente dal loro essere “in” in quel momento o meno. Racconterò sempre il matrimonio dal mio punto di vista, con il mio stile narrativo e la mia creatività, a prescindere da un trend o dall’altro. Ad esempio, sto sperimentando ultimamente la Super8. Quest’anno ho due matrimoni e l’anno prossimo ho intenzione di aggiungere a listino una specifica opzione che preveda il super8. I costi delle bobine sono davvero alti, ma è una cosa che mi sta attraendo parecchio e che mi piacerebbe continuare a fare.
Per quanto riguarda l’evoluzione del settore, non so cosa potrebbe succedere nei prossimi anni. Sarò onesto, l’intelligenza artificiale un po’ mi preoccupa. Da videographer mi sento un po’ meno minacciato perché, almeno per ora, mi sembra che l’IA sia più forte da un punto di vista fotografico. Ad ogni modo, non so cosa il futuro ci riservi, ma di una cosa sono convinto: continuerò a raccontare l’amore, facendolo con amore.
Conclusioni
Si conclude così la nostra intervista a Giuseppe Piserchia, che ringraziamo di cuore per il tempo dedicatoci. La bellezza di giornate come questa è data dalla fortuna di potersi confrontare e conoscersi meglio, comprendere chi c’è dietro la fotocamera/videocamera e quali sono le ragioni che spingono un professionista ad utilizzare un dato tipo di attrezzatura o brand.
Per ulteriori informazioni sui lavori di Giuseppe Piserchia, puoi visitare il suo Profilo instagram: giuseppepiserchiafilms o il suo sito http:www.giuseppepiserchiafilms.it
Grazie per l’attenzione e…alla prossima intervista!!